domenica 12 giugno 2011

La vita che ho scelto

La vita che ho scelto è correre in riva al mare di Assouendé sotto la pioggia. Fermarsi, insegnare a Mary la respirazione “dei grandi atleti” e ripararsi sotto la tettoia del ClubMed abbandonato. Costruire nella sabbia una pista per le biglie e giocare.
La vita che ho scelto è passare una serata sulla spiaggia con Caio e Lina a indovinare le forme delle nuvole.
La vita che ho scelto è osservare il tramonto sulla laguna, quando l’acqua e il cielo si tingono di rosa e giallo.
La vita che ho scelto è incontrare persone strane e diverse. Alcune simpatiche e interessanti, altre che mi disturbano; ma tutte che mi danno qualcosa.
La vita che ho scelto è cercare di dare il mio contributo a tutto ciò che fa la CommAbel (giusto per dare un’idea di quello che si fa: formazione professionale a un centinaio di ragazzi in agricoltura, elevage, sartoria, falegnameria, meccanica, ecc.; corsi di alfabetizzazione a 500 persone -uomini, donne, bambini, cani e gatti-; scuola materna a 20 bimbi; diamo un pasto al giorno a 100 ragazzi; garantiamo libero accesso a biblioteca, sala giochi, atelier di musica; ospitiamo 200 rifugiati di guerra e attraverso Save the Children abbiamo distribuito kit alimentari e igienico-sanitari per i rifugiati della città; stiamo portando acqua potabile in 5 quartieri e villaggi; stiamo iniziando un progetto finanziato dall'Onu sulla coesione sociale post-guerra; organizziamo dibattiti nelle scuole sul tema delle gravidanze precoci; festeggiamo con musica canti e balli ogni tipo di ricorrenza -cristiana, musulmana, civile, ecc.-; portiamo in giro una carovana di film).
La vita che ho scelto è un viaggio: stando ferma, “giro, vedo gente, faccio cose”. Banale? Troppo facile? Demodé? Da freakettoni irresponsabili? Forse. Ma è la vita che ho scelto… e pochi lo fanno. Certo: io ho potuto. Ma ho potuto perché l’ho voluto. E l’ho voluto perché mi sembra che sia l’unico modo per poter dire di aver vissuto veramente. Perché esploro, scopro, perché sono bombardata quotidianamente da emozioni fortissime.
La vita che ho scelto è l’unico lusso che mi interessa.
La vita che ho scelto ve la voglio raccontare perché ho sempre sognato di diventare una “Piero Angela” e questo è un po’ un modo per fare un “documentario dal basso” (anche se forse assomiglia di più alla parodia che Neri Marcoré faceva di Alberto Angela nell’Ottavo Nano).
La vita che ho scelto ho cercato di spiegarla a mia figlia. Le abbiamo detto finalmente che rimarremo qui ancora per un po’ di anni. Lei ha chinato il capo in avanti per qualche secondo e non ha detto niente. Poi ha iniziato a correre e giocare sul bagnasciuga con Leo.
Non ne abbiamo più riparlato, ma sembra più serena, anche solo per il fatto di sapere finalmente con certezza dove trascorrerà il suo futuro.
E comunque, da quando gliel’abbiamo detto il suo atteggiamento verso il mondo che la circonda è più intraprendente.
Ora ha finito la scuola, ma continuiamo a mandarla alla Petite Enfance del Carrefour Jeunesse dove si scatena coi bimbi di strada. Il pomeriggio invece lo passa coi bimbi deplacés o con gli apprendisti del Centre. Si diverte, fa molte esperienze di interazione con soggetti diversi. E con tutti si trova perfettamente a suo agio. È felice. E questo basta.
La vita che ho scelto è vederla intrufolarsi in un corteo per i diritti dei bambini africani, unica piccola africana bianca.

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