sabato 20 febbraio 2010

Colpetto di Stato

Che emozione, posso dire di aver assistito ad un piccolo colpo di stato… anche se fatto all’ivoriana, quindi poco seriamente (per fortuna! Se fa figo “vantare” una simile avventura, non avevo comunque voglia di ammassarmi alla frontiera col Ghana per sfuggire non so bene a chi e perché).
Tutto è cominciato quando il presidente della Repubblica ha azzerato governo e commissione elettorale indipendente (la Costituzione gli dà il potere di farlo, e il fatto che il presidente della commissione elettorale stesse iscrivendo tra gli aventi diritto al voto, cittadini di Paesi confinanti, gli ha fornito il pretesto).
Il problema è che ciò avviene alla vigilia di elezioni rimandate da almeno cinque anni (e che potrebbero stabilizzare il paese e far ripartire l’economia). Gli ex ribelli, che avevano già tentato un golpe contro questo Capo dello Stato e che ora sono nel governo di unità nazionale scaturito dagli accordi di pace, sono d’accordo col loro ex-nemico (?), ma l’opposizione (anche i governi di unità nazionale che tengono insieme golpisti e “golpati” hanno un’opposizione?) grida al putch e sostiene che non riconoscerà alcun nuovo governo, invitando la popolazione all’insurrezione.
Qui in realtà la gente non ha più voglia di guerra (l’impressione è che con questo caldo non abbiano voglia di fare alcunché, men che meno uccidersi a vicenda, quando già muoiono di fame).
Ma ci sono state comunque delle manifestazioni (e qui i cortei non sono concepiti come gente che sfila con delle bandiere e black block idioti che spaccano le vetrine; qui passano subito alla fase due: cominciano col dare alle fiamme dei pneumatici in mezzo alla strada per tenere lontana la polizia e poi vedono che succede… qualche volta su quei pneumatici cercano di arrostire qualcuno).
Anche nella placida e sonnacchiosa Bassam c’è stato un po’ di trambusto, quando il PDCI ha deciso di bloccare la città per protesta; noi eravamo stati preavvertiti dal “nostro uomo nel partito dell’opposizione” e quindi non ci siamo mossi dal Centre Abel (anche se è stata dura convincere la suocera che non valeva la pena rischiare la pelle per andare a procurarsi un po’ di birra).
Questa è un’oasi felice (senz’acqua nè luce, ma al riparo da possibili violenze). La cosa peggiore che mi è capitata è svegliarmi con una caviglia a zampogna, temendo che vi fosse entrato un verme (cosa che da queste parti può succedere, ma non era il mio caso… sapete? Io sono un po’ paranoica e qui come ti giri puoi beccare – saltando i capitoli aracnidi e rettili-: malaria, febbre gialla, dengue -che può manifestarsi anche come febbre emorragica tipo ebola-, Tbc, poliomielite – anche per chi ha i vaccini europei, più sicuri ma meno efficaci-, ameba e svariati altri parassiti intestinali, filaria e altri allegri vermi della pelle… le prime volte che andavo in piscina temevo perfino di prendermi la bilarzia – poi mi hanno spiegato che è solo nella laguna-).
Però una cosa mi ha molto impressionato: vedere i militari parlare al Tg (i delestage sono stati momentaneamente accantonati): sigla, il conduttore è in studio e dopo una formula rituale di saluti passa la parola a quattro omoni in divisa, seduti accanto a lui. O meglio, la passa a quello con la mimetica (l’uomo d’azione evidentemente), perché gli altri sembra che dormano (ma non si capisce perché hanno berretti e occhiali da sole… in uno studio televisivo?! Mah, forse sono finti). L’uomo con la mimetica dice che loro sono pronti ad affrontare qualsiasi manifestazione (e chissà perché a me viene in mente il G8 di Genova, i lacrimogeni sparati ad altezza uomo, le manganellate ai “chierichetti” inginocchiati e con le mani in alto, la fuga nei carrugi, i feriti, il sangue, gli elicotteri che ronzano sopra alla testa, gli occhi pieni di lacrime e di paura e sgomento – uno shock ancora vivo in me, che non ero alla Diaz o a Bolzaneto ma che non posso ancora accettare che il mio Paese abbia fatto questo… No, quei signori in Tv stasera non stanno dicendo che gestiranno l’ordine pubblico, stanno dicendo che reprimeranno). Quando l’uomo con la mimetica ha finito di parlare: sigla, pubblicità, telenovela. Parola al dissenso, manco a parlarne… Il direttore si chiama “qualcosa” Minzolinum! Alla fine è arrivato il presidente del Burkina, grande mediatore, l’opposizione ha avuto qualche ministero nel nuovo governo e la direzione della nuova commissione elettorale e hanno fatto la pace. Lo scherzetto è costato la vita a sette persone uccise negli scontri.

venerdì 5 febbraio 2010

Delestage

GIORNO 1
Da stamattina mancano luce e acqua corrente. In tutta la Costa d’Avorio.

GIORNO 2
Luce e acqua non sono ancora tornate. Pare che sarà così per molto tempo: si è rotta una turbina, la lapidaria spiegazione. Già, perché a fornire energia a tutta la Costa d’Avorio (e qualche Paese limitrofo) è un’unica grande centrale. E per riparare il guasto dicono che ci vorranno tre mesi. E anche il pompaggio dell’acqua va a corrente elettrica.

GIORNO 3
L’acqua è tornata per qualche ora, il tempo necessario per riempire tutte le taniche, le bottiglie, i bidoni e i secchi che abbiamo in casa. La luce no. Per il momento ci siamo organizzati con candele e lampade a petrolio per la sera. Ma il frigo ormai ha allagato la cucina e le cose dentro stanno andando a male (con grande gioia delle formiche che lo hanno eletto a loro località di villeggiatura preferita). Computer e telefonini hanno esaurito la loro autonomia e inoltre mi tocca fare il bucato a mano; ma la cosa peggiore è dover fare a meno di condizionatore e ventilatori.

GIORNO 4
Ho scoperto che ci si può fare una doccia con una bottiglia da un litro e mezzo: pensa quanta acqua sprechiamo di solito. Questo ovviamente significa che siamo di nuovo senz’acqua, ma è tornata la luce.

GIORNO 5
Quella sconsiderata di mia suocera ha lavato i piatti. È una cosa che ha deciso di fare sempre da quando è qua, anche se sa benissimo che a me dà fastidio (perché ho tutte delle mie manie particolari, tipo che i piani vanno messi a scolare coi piani e i fondi coi fondi, che c’è una spugna ben precisa per lavarli che non è quella per le superfici, che vanno lavati sia sopra che sotto e che in ultima analisi alla fine siano puliti – particolare che le sfugge, costringendomi a rilavarli di nascosto perché non si offenda). Ma la gravità del suo gesto oggi sta nel fatto che in questo modo ha esaurito le nostre scorte d’acqua: 13 bottiglie da un litro e mezzo per lavare 6 piatti!!!!!!!

GIORNO 6
Ho finalmente avuto l’esatta percezione di ciò che significa “caldo umido”. Finora non me ne ero lamentata più di tanto. L'umido è vero si mangia tutto (non solo i miei strumenti tecnologici, ma anche i muri, le cose, mi si sono arrugginite le forbicine per le unghie, mi è ammuffito il k-way, qualcuno ha scritto:"L'Africa trasuda"). E fa caldo certo, ma niente in confronto agli agosti milanesi, in cui il sole ti fotocopia sul marciapiede, mentre dall’asfalto e dal cemento tutto intorno a te sale una canicola che sembra di essere in un forno a microonde, magari con lo smog che tappa il cielo e toglie l’aria; o come i giugni pavesi, quando sembra di respirare acqua e ti senti come un pesce nella boccia.
Qui il sole è forse più rovente, ma ci sono più alberi e meno asfalto e la terra è una distesa piatta e infinita su cui il vento può rotolare dall’Oceano fino a noi. In casa poi ci sono ventilatori e condizionatore… Quando c’è corrente (elettrica, perché quella dell’aria si percepisce appena, nonostante la nostra abitazione sia aperta ai quattro venti, per via del muro di cinta).
Ecco il tasto dolente: l’altra sera me ne stavo seduta in poltrona a fissare il buio; mancando la luce non ci si può nemmeno godere un film a fine giornata e allora i libri diventano i migliori compagni di viaggi mentali (li ho già fulminati tutti, compresa l’intera trilogia di Millennium – il primo tomo 700 e passa pagine, me lo sono letto in una settimana). Ma leggere al lume di una fiammella tremolante stanca la vista. Allora ho potuto considerare come fossi avvolta in una bolla di vapore acqueo prodotto da me medesima: sudi perché fa caldo, il sudore evapora ma mica tanto, perché l’aria circostante è già satura di umidità, e così rimane nebulizzato intorno a te e tu respiri ciò che traspiri. Fenomeno interessante.

GIORNO 7 - notte
È calato il buio totale. Anche i lampioni del Centre Abel sono fuori combattimento. Tra le fronde scure degli alberi leggermente mosse dalla brezza si intravede un’esplosione di stelle. La luna è una falce d’argento perfetta, si scorge appena il vago anello che completa la sua rotondità. Non è piena, questo mi permette di scivolare fuori di soppiatto dalla porta senza il rischio di essere scorta. Il chiasso di grilli e rane copre i miei passi felpati. Io e la mia nube di vapore ci spostiamo verso la fontanella del cortile, dove giacciono il barrique (botte) ormai asciutto e le ultime due taniche d’acqua. Sono quelle il mio obiettivo: devo accaparrarmene una prima che ci arrivino i vicini o domani non potrò farmi il bidet.
Piombo sul contenitore come un rapace, afferro il manico e scatto verso la vittoria… o almeno ci provo: la tanica è più pesante di quanto mi aspettassi, lo strattone mi fa perdere l’equilibrio, pesto la coda al gatto (mi sta sempre letteralmente tra i piedi, l’animale!), che fugge lanciando un urlo da bimbo strozzato e buttando all’aria la gavetta del guardiano che rotola sul selciato con gran clangore. “Sono perduta, mi scopriranno!”… ma no: il ronzio del condizionatore della stanza di Lina mi fa capire che è tornata la corrente e tutti saranno nei loro letti sudati a esalare un sospiro di sollievo. Devo approfittare di questo momento per guadagnare l’uscio prima che si riaccendano i neon esterni che già stanno lampeggiando. Uno sforzo estremo e… ce l’ho fatta: l’igiene personale ancora per domani è assicurata… mi sento un po’ Mad Max.

GIORNO 8
I delestage sono cominciati ormai da una settimana. È proprio vero che ci si abitua a tutto: noi ci siamo organizzati con pile e scorte. Ogni tanto un urlo proveniente da un qualsiasi punto del Centre, avvisa che sono tornate o luce o acqua e allora si corre a ricaricare e riempire.
Ma io mi chiedo: e gli altri? Non parliamo delle attività economiche: vedo già i danni che la mancanza di elettricità provoca alle sarte e ai falegnami del progetto, con le macchine ferme da giorni. Ma gli altri, la gente comune, che deve spartirsi una fontanella di acqua potabile con popolosissimi caseggiati? Finisce che beve acqua di pozzo, che qui fortunatamente non mancano, ma sulla cui igiene non ci sono dubbi: prima di poter bere quell’acqua melmosa bisogna farla bollire e filtrarla, prassi che dubito siano abituati a seguire. C’è un indiscutibile rischio epidemie. Acuito dal fatto che la catena del freddo così più volte interrotta ha sicuramente danneggiato molti vaccini, che saranno comunque inoculati anche se inutilmente.

GIORNO 9
Sono appena tornate sia luce che acqua contemporaneamente. Non sappiamo quanto durerà, sicuramente non abbastanza per fare i bucati di tutti (condividiamo la lavatrice con i vicini).
Io scatto brandendo il cestone maleodorante tra le braccia, mentre Marysol mi sgambetta dietro raccattando i panni che nella folle corsa volano fuori.
Attraverso il cortile come una furia, questa volta salto il gatto. Sfondo la porta dei vicini lasciando la mia sagoma impressa nella zanzariera, scarto Lina che mi aspettava dietro l’angolo per placcarmi (fortuna che giocavo a rugby). Imbocco il corridoio che piega a gomito, scivolo (dimenticavo l’acqua fuoriuscita dal frigo), becco lo spigolo del tavolo. Ci lascio l’anca ma il colpo mi rimette in equilibrio e d’un balzo raggiungo lo studio (luogo ovvio in cui installare una lavatrice). Ma trovo l’elettrodomestico già in funzione.
Dietro di me, Pina appoggiata allo stipite della porta sorride facendo brillare un canino. “L’avevo già predisposta” mi dice.
“Aaastuta!”

GIORNO 10
Gesti automatici: ormai mi aggiro per casa al buio anche quando c’è la corrente. E se prima mi veniva automatico di aprire il rubinetto anche quando sapevo che non c’era acqua, ora afferro la bottiglia anche quando c’è.
Oggi eravamo anche senza rete telefonica (e quindi anche internet). Ci manca solo che finisca la bombola del gas.

GIORNO 11
Ho parlato troppo presto: è finita la bombola, ma a questo si rimedia in fretta.
Intanto c’è stato un assalto alla Compagnia elettrica da parte della popolazione esasperata (giuro: io non c’ero, ma solo perché non mi avevano avvisato). Questo almeno è servito per far capire che si può togliere la corrente a turno tra diversi settori (evitando di toglierla contemporaneamente al settore che sta a monte dell’acquedotto e a quelli che stanno a valle, in modo di avere almeno una delle due utility alla volta), e soprattutto rispettando un calendario più o meno fisso, in modo che uno sappia che “quei” tre giorni alla settimana (magari non consecutivi) può anche morire (o fare la lavatrice).
Insomma, un po’ che come ho detto ci si abitua a tutto, un po’ che ci siamo organizzati (il martedì facciamo il bucato, il giovedì moriamo e il sabato andiamo al maqui – le trattorie in cui affoghiamo le nostre frustrazioni da telespettatori impediti), ma sembra che la situazione si stia normalizzando.
Almeno dal punto di vista dei delestage.
Perché sul fronte politico ci sono invece un po’ di tensioni.
Ma almeno, per consentire ai politici di comparire nei tg e per non esasperare ulteriormente gli animi, le interruzioni di corrente si stanno addirittura riducendo.