sabato 28 novembre 2009

Il re di Monduku

Monduku è un piccolo villaggio di pescatori appena fuori Grand Bassam. Qui la Communauté Abel vorrebbe iniziare dei corsi di alfabetizzazione, ma prima bisogna chiedere il permesso al capo villaggio. Siamo allora partiti un giorno per l’incontro avec “le Roi”. Il villaggio tutto sommato è carino: la prima cosa che si incontra entrandovi è l’immancabile campo da calcio, sulla spiaggia. I ragazzini corrono sulla sabbia come se fossero sull’erba del Meazza… ti credo che crescendo acquistano fisici da divinità classiche! I nostri ragazzi sono abituati al campo spelacchiato (ma apprezzatissimo dai professionisti del Bassam, che evidentemente in zona non trovano di meglio) del Centre Abel (su cui peraltro giocano comunque a piedi nudi o coi sandaletti di gomma); il che li metterà in difficoltà al momento della sfida di rito in conclusione degli accordi. (Chissà se anche dopo gli accordi di pace di Ouagadogu le due fazioni in lotta nella Costa d’Avorio si sono sfidate a calcio).
Dopo il campo, la spiaggia prosegue presentando, proprio nella parte davanti al villaggio vero e proprio, una serie di buchi su cui ronzano nugoli di mosche: le latrine. Tra una latrina e l’altra le piroghe di un acceso color azzurro riposano, vicino alle reti stese ad asciugare. Tra la spiaggia e le case, un boschetto di palme offre l’ombra alle donne intente a “piler le foutou”. Il foutou è una polentina collosissima ottenuta pestando manioca e banane, una fatica compensata da un piatto delizioso (da mangiarsi rigorosamente con le mani) condito con un sughetto molto saporito.
Le case sono per lo più capanne di foglie di palma o legno (che non mi spiego come possano resistere ai violenti nubifragi che ogni tanto esplodono su questi cieli). Le strade però sono pulite e ben tenute: nei villaggi – mi spiegano - ognuno bada allo spazio intorno alla propria abitazione, il che esaurisce tutto l’abitato.
Una volta giunti nella piazza del villaggio, ci mettiamo in attesa. Sia perché attendere fa parte della tradizione africana, sia perché il capo villaggio è impegnato a dirimere le questioni tra gli abitanti. Questo è il suo ruolo. Spesso discende dalle famiglie degli antichi re di questi popoli. Raramente è eletto (d’altra parte ho scoperto che molti dignitari locali, come per esempio il sindaco di Bassam, - sicuramente eletti – provengono dalle famiglie regnanti prima dell’arrivo dei francesi, come se il passaggio dei colonizzatori non avesse modificato nulla della struttura sociale preesistente). E il suo compito è quindi quello di amministrare la giustizia: quando ci sono dei contrasti tra le persone, queste si rivolgono prima allo “chef” (che quindi non è un cuoco); poi, se non sono soddisfatti della sua decisione, ricorrono alle istituzioni statali.
Il re è un signore di mezza età vestito con una tunica bianca e come segno distintivo porta appoggiato sul braccio un drappo di pagne (il tessuto tipico) che gli scende da una spalla. Di qualunque cosa si debba discutere con lui, bisogna rispettare un rigido protocollo. Innanzitutto gli interessati non si parlano mai direttamente: non sarà Leo a chiedere di poter fare i corsi di alfabetizzazione, ma qualcuno in sua vece. E così pure il capo risponderà al suo vice che riferirà le stesse parole appena ascoltate da tutti. Ma prima ancora di arrivare a questo punto, il capo chiederà “Quelles nouvelles?” (che notizie portate?). E qui bisogna inventarsi un po’ di cazzate da dire, tipo: tutto bene, il lavoro va bene, il viaggio è andato bene, ecc. E dopo aver menato il can per l’aia per un po’, dire: “Siamo venuti qui per parlare di…”. Solo a quel punto ha inizio il vero e proprio abboccamento.
Terminate le trattative, ci sarà offerto un gustoso pranzo a base di foutou e koutoukou, un distillato di linfa di palma molto simile per gradazione alla nostra grappa. Ovviamente non si può rifiutare niente, ma se si hanno dei dubbi (più che leciti) sulle condizioni igieniche per esempio dei bicchieri, gli antenati ci vengono in soccorso. È infatti a loro che va offerto il primo sorso di koutoukou: in questo modo si fa uno sciacquino del bicchiere con un liquido a 60° e poi lo si versa per terra. Meglio di niente, prima di bere un bicchiere di acqua insolitamente marroncina.
Mangiamo, fissati dai nostri ospiti che secondo il galateo non possono toccare cibo finché noi non abbiamo finito il nostro pasto. Dopo di loro toccherà infine ai bambini, ultimi nella “catena alimentare”. Imbarazzo a parte ci gustiamo con soddisfazione il pranzo.
Prima di ripartire bisogna “demander la route”, cioè chiedere il permesso di andarcene. A quel punto si ritiene conclusa la visita ufficiale.
Per la cronaca, la partita poi c’è effettivamente stata e come previsto è stata una debacle per i ragazzi del Centre Abel, battuti quattro a zero.
Per fortuna si sono potuti rifare col match di ritorno, giocato sul campo casalingo e arbitrato da Akouesson, l’uomo in più della nostra squadra.

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