mercoledì 2 dicembre 2009

Mamma a tempo pieno

Mia figlia è un tipo mattiniero e la prima parola che pronuncia, subito dopo aver aperto gli occhi, è: “Giochiamo?”. È anche molto chiacchierona e quando è sotto stress (come in questa fase di ambientamento) tende a parlare ancor di più (tipo raffica di mitra) e a chiederti “giochiamo?” anche mentre stiamo già giocando. Mi sembra un ottimo modo di gestire lo stress… per lei. Per me è un incubo!
Si comincia appena alzati con “il gioco di fantasia” (uno dei suoi preferiti, bisogna farlo almeno una volta al giorno altrimenti le parte una crisi isterica, io sono riuscita solo a limitarne gli orari: non prima di aver preso il caffè, fatto la cacca, fumato la sigaretta; non dopo cena; non per più di un’ora). Il gioco funziona che lei mi chiede: “Mamma posso andare a fare una vacanza da…” e qui si aprono illimitate possibilità a seconda del suo personaggio preferito del momento (Che Guevara, Gesù, Chico Mendes, Emiliano Zapata, Indiana Jones, Piedone, Spidermen o qualunque altro supereroe, Topolino o qualunque altro personaggio Disney, Luke Skywalker, Frodo, James Bond, Pimpa e Ape Maya sono tra i più frequentati).
Qualunque mezzo prenda, devo fare il bigliettaio e scambiare qualche formula di rito a seconda della situazione. Dopo di che lei è sempre Marysol che va a trovare qualcuno che non la conosce, ma che lei conosce perché ha visto il film/le hanno raccontato la storia/ha il libro, ecc., mentre io devo interpretare tutti i personaggi che incontra (buoni, cattivi, maschi, femmine, animali, quelli delle storie e quelli che si inventa lei via via). Una cosa da crisi d’identità dopo dieci minuti. Anche perché tutto questo avviene mentre ci si prepara con la consueta fretta, per andare a scuola e lei non ammette distrazioni.
Il plot prevede di solito che lei li aiuterà a risolvere tutti i loro problemi, grazie al fatto che conosce la storia e grazie alle cinque spade magiche che le ha regalato il suo amico Flash Gordon. Queste spade fanno di tutto: non solo più le usi e più diventi forte e veloce (e ormai lei è già fortissima e velocissima), ma danno anche poteri magici, come l’invisibilità e la capacità di resuscitare i morti (qui è stato difficile innanzitutto convincerla che Gesù doveva proprio morire sulla croce e poi che se resuscitava non era per le spade magiche).
Risolte le faccende lei invita a casa i suoi nuovi amici, gli presenta tutti i suoi bambini (bambole e pupazzi) e dà una festa in loro onore.
Le feste con bambole e pupazzi sono un altro tasto dolente. Il lunedì (tutti i lunedì) è il compleanno di Lilly (la sua coccinella di peluche); il mercoledì, quello di Marta (una bambola che, se le schiacci la pancia, ride, piange, chiama la mamma o chiede la pappa); il sabato quello di Dado. Dado merita una presentazione più approfondita: è un patetico bambolotto nero, che il nonno le aveva regalato quando ancora l’Africa era lontana dai nostri progetti, forse il primo bambolotto che le hanno regalato. Da allora lei non se ne è più separata, nonostante sia alquanto orribile: occhi sbarrati e vitrei, bocca spalancata in una smorfia che può ricordare l’Urlo di Munch. In effetti, siccome lei gliene combina di tutti i colori, certe volte ho l’impressione che quando gliel’hanno regalato sorridesse, e che ora abbia semplicemente un’espressione di terrore. Comunque è ormai uno di famiglia, che con noi ha percorso migliaia di chilometri, dal Guatemala, alla Sicilia, ai Paesi Baschi, coinvolto in mille avventure, dalle quali ha riportato diversi traumi (perdita di arti poi ricuciti più volte, il che gli conferisce una sagoma ancora più floscia ed informe).
Le loro feste di compleanno prevedono che ci si debba vestire eleganti, agghindandosi (e agghindando tutti i pupazzi) di varia bigiotteria, poi si consuma il banchetto, solitamente imbandito di riso con piselli, polpette, patatine fritte e torta al cioccolato (i suoi piatti preferiti, rigorosamente disegnati su un foglio e ritagliati); quindi si danno i regali (gli altri giocattoli di Mary); si suonano tutti gli strumenti musicali, si balla, si canta, si fanno i giochi. Insomma la stessa fatica e durata di una vera festa di compleanno.
Quando non fanno festa, i suoi pupazzi vanno a scuola e le maestre siamo io (la zia), ma soprattutto lei (la loro mamma). In questi casi viene replicata la giornata tipo dell’asilo di Milano, con gli stessi giochi, le canzoni, le attività, le sgridate ai più indisciplinati. Di solito Dado è dei peggiori, vuole mangiare solo dolci, il resto lo sputa tutto, Mary si arrabbia e lo riprende esattamente come facciamo noi con lei. Ma ora che siamo in Africa, terra d’origine di Dado, lui è cambiato completamente ed è diventato un angelo. Più che altro ora bisogna insegnare l’italiano a lui e il francese ai suoi fratelli. Quindi la maestra (Mary) ha scritto dei tabelloni con numeri e lettere (a modo suo) e loro (cioè io) li devono leggere e ripetere nelle due lingue. Esattamente come fa lei nella nuova scuola, ma solo in francese.
Io naturalmente non posso esimermi dal partecipare attivamente a tutto questo.

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