sabato 21 maggio 2011

"L'incoronazione" di Ouattara

Oggi c’è “l’incoronazione” di Ouattara. A Yamoussoukro, la capitale, è stata organizzata la cerimonia d’investitura più sfarzosa dai tempi dell’Indipendenza. Ci saranno 24 Capi di Stato, tra cui un rappresentante di Obama e Nicolas Sarkozy (che per l’appoggio militare dato all’arresto di Gbagbo sarà il leader più acclamato dalla numerosa folla accalcata fuori dalla Fondazione Houphouet-Boigny… solito rapporto di odio-amore con la “Metropole”).
In effetti il momento è importante per tutto il Paese: un nuovo passo avanti verso l’uscita dalla crisi (sperando che ce ne siano altri a breve). Così l’evento è stato seguito su megaschermi un po’ dappertutto. Anche al Carrefour Jeunesse era stato allestito un tendone che si è ben presto colorato di arancione (il colore di Ouattara) e magliette col faccione di “Ado – la solution”, indossate soprattutto dalle donne (tante donne, tutte le venditrici del mercato)… tra le facce non troppo felici dei gbagboisti. Che però erano lì ad ascoltare i discorsi di riconciliazione, di unità, di giustizia, le tante promesse di cure gratuite, scuole efficienti, investimenti sulle infrastrutture, ripresa economica e diminuzione della disoccupazione. Anche io non riesco a smettere di sperare che prima o poi arrivi qualcuno che cambi veramente qualcosa, un Pisapia per esempio, un Vendola. Qui hanno Ouattara… vedremo: intanto il mio amico tassista (altra categoria che ha appoggiato Ado) dice che i presidenti possono cambiare ma la corruzione, in basso almeno, rimarrà sempre la stessa. I taxi men, che già prima erano taccheggiati dai poliziotti, ora che molti poliziotti sono spariti (scappati nei momenti dei saccheggi) sono le FRCI (i miliziani che hanno combattuto contro Gbagbo, o che comunque si sono procurati un’arma e una divisa) a chiedergli i balzelli.
Sono tanti ancora i giovani armati in giro. Quelli che non si danno alla rapina, se ne stanno a custodire improvvisati e inutili posti di blocco per estorcere qualche Cfa (la moneta) ai passanti.
Ce n’è uno anche fuori da casa nostra. Il tacito patto con le precedenti “Forze dell’ordine” era che avendo noi una targa diplomatica, loro non ci potevano fermare. Questo patto in parte vale ancora, ma forse non tutti i nuovi soldatini lo sanno. Così l’altra mattina mentre uscivo alle 7 per portare a scuola la bimba, sotto una pioggia battente e un carico di deplcés dietro (peraltro gbagboisti), un ragazzino in mimetica mi ha fermato per chiedermi un caffè. Io gli ho risposto molto candidamente che non sono un kiosque e lui mi ha guardato come quel tizio che un giorno ha fermato me e un mio amico in Piazza Vetra per chiederci una cartina e il mio amico gli ha risposto che non l’aveva ma se gli diceva dove doveva andare poteva spiegargli lui la strada.
Alla fine ho capito che voleva delle monetine e ho ceduto.
Cosa che invece non ha fatto Caio: era ad Abidjan per fare rifornimento di gasoil (a Bassam non ce n’è ancora) e doveva riempirne due taniche; un militare gli si è avvicinato dicendogli che lo doveva pagare 500 franchi per tanica. “Perché?” chiede Caio. “Perché per motivi di sicurezza è proibito riempire taniche” gli risponde quello. “Se è proibito (cosa per altro giusta in teoria), allora vuol dire che non si può fare, non che ti devo pagare per farla” ribatte Caio. Io e Lina, in macchina, non eravamo sicure che fosse la risposta più adeguata e gli abbiamo allungato le monete. Caio gliele ha passate senza riuscire a fare a meno di dirgli: “Ok, te le do ma questa è mafia e se te lo dice un italiano ci puoi credere!”. Il ragazzo, anziché piantargli il calcio del kalash nei coglioni, ha fatto l’errore di cercare di spiegargli il suo lavoro. A quel punto Caio ha iniziato a tirargli un pippone che non finiva più su quello che fa invece la CommAbel, che la sicurezza per il Paese viene dall’occuparsi degli enfants demunies, ecc. Alla fine il militare ci ha ridato i soldi, non si sa se per esasperazione o per convinzione. Ma un grande “Woa!” per Caio.
Ma torniamo all’incoronazione di Ouattara: Bassam era in subbuglio e anche casa nostra. Mary si è svegliata con la febbre. Scatta l’allarme malaria, la procedura ormai è consolidata: STEP 1 – impegnativa per l’esame della goccia spessa (essendo sabato la Salle de soin è chiusa e l’infermiere irrintracciabile; all’ospedale ci sono 200 persone in coda, allora andiamo in un ambulatorio privato –5000 franchi per avere la prescrizione-); STEP 2 – esame della goccia spessa (all’ospedale è finito il reagente, le altre farmacie che eseguono il test sono chiuse, quindi altra clinica privata -e altri 5000 franchi- dove in uno sgabuzzino simile, come quello dell’ospedale pubblico, al cesso di un autogrill, spezzano la siringa nel braccio della piccola, ma alla fine riescono a fare il prelievo senza colpo ferire)… tutto questo saltando da un posto all’altro della città con un caldo insopportabile e la bimba in braccio che bruciava. STEP 3 – ritiro delle analisi (nel pomeriggio, con calma; almeno essendo negative ci saltiamo il passaggio di farci prescrivere i farmaci e comprarli, un altro paio di salti in giro per la città e un paio di altre bottarelle da 5000… in effetti dopo qualche ora la bimba stava benissimo e febbre non ne ha più avuta, forse solo un colpo d’aria condizionata!).

Questa è stata la conclusione di una settimana segnata da interminabili discorsi sui grandi progetti della CommAbel: per occuparsi dei deplcés (e cercare anche di far tornare a casa quelli che possono pagandogli il viaggio, benché le grandi agenzie forse non abbiano tutto questo interesse, ora che gli sono arrivati i finanziamenti –tre mesi dopo l’insorgere dell’emergenza), per rinsaldare la coesione sociale, per riprendere l’attività a pieno regime, e soprattutto per destreggiarsi nei complicati meandri dei bandi di finanziamento.
Tutti discorsi molto coinvolgenti, stimolanti e appassionanti. Ma siccome io sono un po’ deplacée a casa mia (non abbiamo né gas –che non si trova-, né scaldabagno –non ci sono soldi per cambiarlo… l’ho detto: una costante, anche a Milano stessa cosa-, né lavatrice e acqua potabile –da sempre nella casa di Caio e Lina) passiamo la maggior parte del tempo con la Direzione Generale perennemente riunita e quindi se ne parla a colazione, pranzo e cena e tra una pausa e l’altra.
Per non rischiare l’overdose cerco di concentrarmi sui miei di progetti. Che si accumulano.
Per esempio, la settimana era iniziata con i postumi del week end ad Assouendè, che mi ha ispirato l’idea della “Casa del piccolo cooperante” (un finto Grande Fratello, in cui dare assaggi della nostra “eccentrica” quotidianità).
Sì, lo so: prometto, prometto poi concludo poco. Ma nessuno di voi (perché c’è qualcuno dall’altra parte dello schermo, vero?!) mi sembra così impaziente.
Intanto, vi lascio con un nuovo proverbio africano: “Il problema non cerca l’uomo, è l’uomo che cerca il problema”.

1 commento:

  1. Dall'altra parte dello schermo c'è almeno una persona. Io. E spero molto altre. Continua a scrivere. Le piccole come le grandi storie di questo paese mi appassionano e tu sei brava a farmi appassionare. Continua a scrivere, dunque.
    Un abbraccio a voi tutti, nella speranza di ritrovarci in Costa d'Avorio un giorno.

    Riccardo Guzzetti dall'Italia
    riccardo.guzzetti@gmail.com

    RispondiElimina