mercoledì 8 dicembre 2010

Che fare?

La domanda non è solo per citare Lenin, ma può essere interpretata sia in senso metafisico che fisico.
Che farà questo Paese? Che fare di noi in questo Paese? Che fare per passare il tempo?
L’interrogativo più facile da risolvere è l’ultimo: per quanto mi riguarda, scrivo sul blog.
Riguardo al primo, è più difficile dare una risposta: in questo momento ci sono due presidenti, uno eletto secondo l’Onu, l’altro no. Uno ha prestato giuramento per posta, l’altro da casa sua. Entrambi vanno avanti nominando primi ministri e governi, cercando di prendere il controllo dell’amministrazione (istituzioni, centri di potere, stanze dei bottoni). Gbagbo ha dalla sua parte le forze armate e la tv. Ouattara l’intera comunità internazionale, la Banca Centrale e Le Forces Nouvelles (gli ex ribelli del Nord).
Tutti i tentativi di mediazione per convincere Gbagbo ad andarsene sono falliti. E non se ne vedono altri alla luce del sole.
Abidjan e Bassam sembrano tornate alla “normalità”: dopo i primi giorni di scontri (una trentina di morti), manifestazioni e barricate, è tornato il solito traffico per le strade, i negozi hanno riaperto e la gente se ne va in giro con un’aria spensierata (più di una volta mi è capitato di notare che questo non sembra mai un Paese sull’orlo del baratro).
Che cosa succederà adesso? Dopo un anno che sto qua ho imparato che la Costa d’Avorio è incomprensibile, imprevedibile, ci si può aspettare veramente di tutto, anche che si rimanga in questa situazione kafkiana per sempre: la gente decide che può continuare a fare la propria vita di tutti i giorni anche con due presidenti, tanto in ogni caso a loro non cambia mai un cazzo che ci sia Gbagbo, Ouattara, tutt'e due o nessuno; fanno sempre la fame lo stesso!
Ma la possibilità che si decida di passare alle armi e che scoppi una vera guerra civile, c’è.
I parenti in Italia sono sull’orlo di una crisi di nervi (o l’hanno già oltrepassato): le notizie che gli arrivano sono “decontestualizzate”, mentre noi stando qui non solo abbiamo informazioni di prima mano, ma riusciamo anche a percepire più direttamente “gli animi” di queste persone.
Nei soliti modi irritanti “di chi sa tutto mentre tu non capisci una minchia”, la suocera mi intima di rientrare (non capendo che: a - forse è lei a non avere il polso della situazione e si sta facendo sopraffare dal panico; b – in questo modo mi fa solo scappare la voglia). Tra l’altro, in tutto questo la bimba è tranquilla. Io preferisco non tenerle nascoste le cose, ma spiegargliele. Lei vedendo noi tranquilli, non si preoccupa. L’unico effetto che hanno dunque sortito le continue telefonate allarmate della nonna è stato quello di trasmetterle ansia.
La cosa che più di tutto mi fa ribollire il sangue è che non hanno la minima fiducia nelle nostre capacità di discernimento e nel nostro senso di responsabilità in quanto genitori.
Se siamo venuti qui (o: se per ora siamo ancora qui) non è perché siamo dei pazzi incoscienti, ragazzotti ingenui e romantici con la testa fra le nuvole. Sapevamo esattamente cosa poteva succedere (come sapevamo della malaria, sapevamo di imminenti elezioni che avrebbero potuto creare casini) e abbiamo calcolato che era un rischio che eravamo in grado di assumerci. Lo stesso tipo di calcolo che a Milano si fa alla mattina uscendo di casa e sapendo di poter essere investiti da una macchina o aggrediti da un malintenzionato: esci lo stesso, attraversi sulle strisce, eviti di girare la sera da sola. Qui, mutatis mutande, è la stessa cosa: eviti di farti pungere dalle zanzare o fai subito il test appena hai un po’ di febbre, eviti di andare a Bassam quando ci sono manifestazioni, eviti di andare ad Abidjan.
Fino a ieri ero fermamente convinta che nella nostra bella fattoria ero molto più al sicuro che non per le strade della capitale economica in cerca di un biglietto aereo (qui non esistono carte di credito, si fa tutto di persona e in contanti) o sulla strada per guadagnare l’aeroporto (che tra l’altro in questi giorni sarà nel caos più totale per far ripartire tutti quelli che erano rimasti bloccati qui la scorsa settimana - tra cui Mina, sigh!).
Qui siamo fuori dal centro abitato (quindi lontani da qualsiasi possibile scontro. Per arrivare qui uno dovrebbe proprio venirci a cercare e nessuno ne ha il motivo. E se anche lo avesse noi abbiamo i guardiani, l’allarme a distanza per chiamare le guardie giurate, la casa del vescovo a 100 m. e il campo d’addestramento delle truppe francesi a 500). In secondo luogo perché Bassam è sicuramente più tranquilla che Abidjan. Una cosa curiosa è che i sostenitori dell’uno o dell’altro sono nettamente divisi per quartieri, città e regioni: nella capitale per esempio la situazione è più tesa perché ci sono quartieri che appoggiano Gbagbo e quartieri che appoggiano Ouattara. A Bassam sono per lo più pro Ouattara e quindi hanno fatto delle barricate con turni di guardia a mo’ di servizio d’ordine.
L’unico problema che potremmo incontrare è fare la spesa: prima di scendere in città ovviamente ci informiamo sempre sulla situazione, facciamo una toccata e fuga e torniamo ben equipaggiati “chez nous”.
E se proprio non riuscissimo nemmeno a fare la spesa qui abbiamo frutta, verdura, polli, conigli (e personale che ce li sappia preparare!), ecc.
Se poi dovessero scoppiare casini grossi, non sarebbe una cosa così improvvisa da rendere impossibile un’evacuazione tramite una delle ambasciate europee.
Questo è quello che pensavo fino a ieri... Prima di sapere che le milizie di Gbagbo si sono accampate in fondo alla nostra strada.
Ho anticipato il volo e ora non mi rimane che convincere Leo a fare altrettanto (lui in effetti sente molto più forte le responsabilità verso il suo lavoro che verso di noi, anche perché ha un “senso del pericolo” molto labile – un giorno vi racconterò le nostre disavventure a Caracas).
Questo mi mette di pessimo umore. Le parole di Alpha Blondy mi sembrano le più appropriate per chiudere questo post:
Refrain :
Les salauds, ont mis le feu à mon paradis
Les salauds, ont mis le feu au paradis.
Ces salauds, ont mis le feu à mon paradis.
Les salauds, ont mis le feu au paradis.
Journalistes pyromanes,
Politiciens mythomanes,
Avec les prêtres corrompus,
Et les imams vendus,
Ils sont bêtes et méchants,
Ils ont mis le pays à feu et à sang,
Bêtes et méchants (x2).
Ils s'en foutent de toi et moi (x2)
Ils s'en foutent de nos parents,
Ils s'en foutent de nos enfants.
Refrain

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