giovedì 4 novembre 2010

SOS: è finita la nutella e Bédié ha chiesto il riconteggio

Rieccomi! Scusate il ritardo (dovuto al fatto che aspettavo che la situazione si chiarisse un po’ di più, dopo che Bédié, escluso dal ballottaggio, ha chiesto il riconteggio dei voti).
Intanto non credo di avervi tenuti col fiato sospeso. E lo capisco: anche io se fossi in Italia, seguirei le elezioni di mid-term in Usa e sarei combattuta tra lo stile con cui Obama ha incassato il colpo e il dispiacere di vedere il primo presidente americano simpatico, costretto alla coabitazione coi repubblicani.
Ma invece sono in Costa d’Avorio e allora vi posso solo raccontare di queste elezioni storiche che arrivano dopo dieci anni di crisi politica. Almeno è diverso da quello che vi raccontano gli altri.
Comunque: la domenica elettorale non ha visto particolari incidenti. Nei giorni successivi la tensione è montata un pochino, nell’attesa dei risultati. La Commissione elettorale indipendente (CEI, che poi non so quanto sia indipendente), dopo un primo momento in cui aveva ritenuto di poter comunicare i dati già lunedì, si è ricreduta e ha annunciato che avrebbe utilizzato tutto il tempo a sua disposizione (quindi fino a mercoledì sera).
Semplici difficoltà logistiche, legate al tipo di conteggio utilizzato (manuale ed elettronico insieme), secondo la Cei. Ma anche qualche timore secondo la nostra fonte all’interno del PDCI (partito di Bédié): alcuni dati non ufficiali che iniziavano a circolare davano infatti in testa Bédié, seguito da Ouattara, con dunque il presidente uscente Gbagbo escluso dal ballottaggio.
Addirittura si è iniziato a vociferare che il ritardo nella presentazione dei risultati era dovuto al fatto che personalità religiose e politiche tra cui perfino il presidente burkinabé Blaze Compaoré, il grande mediatore grazie al quale si è arrivati agli accordi di pace di Ouagadougou, si stavano recando da Gbagbo per convincerlo a cedere il potere pacificamente.
E mentre si moltiplicavano gli appelli della comunità internazionale ai candidati, ad accettare “il verdetto delle urne, qualunque esso fosse”, la Cei, forse per mettere a tacere voci “diffuse ad arte dalle segreterie di partito”, si è di nuovo contraddetta pubblicando anzi tempo dati parziali. Che hanno smentito completamente i rumors precedenti: infatti secondo le cifre ufficiali (ma relative solo al voto degli ivoriani all’estero) Gbagbo è in testa, seguito da Ouattara e sarebbe quindi Bédié ad essere escluso dal ballottaggio.
Nella giornata di ieri, mentre i dati venivano rilasciati col contagocce (cosa che ha fatto dire sarcasticamente a qualche commentatore che gli ivoriani hanno saputo il risultato della Danimarca prima di quello del loro Paese), si confermava questo scenario. Ma la nostra fonte interna al PDCI insisteva che vi erano divergenze tra i verbali inviati dai seggi in cui erano presenti suoi rappresentanti di lista e quelli letti dalla Cei.
Lì per lì pensavamo che semplicemente non si arrendesse all’evidenza della sconfitta, anche perché contemporaneamente l’Onu dichiarava che si erano registrate solo lievi irregolarità, ma tali da non invalidare il voto (altre fonti sostenevano che in alcuni seggi agli osservatori internazionali è stato proibito di entrare, ma in generale tutti hanno sottolineato come il processo elettorale si sia svolto correttamente).
Ieri sera però, mezz’ora prima che scadesse il tempo a disposizione della Cei per la comunicazione dei dati definitivi, Bédié ha chiesto il riconteggio delle schede. A quel punto c’è stato un po’ di suspence: che avrebbe fatto la Commissione? Avrebbe atteso ancora prima di dare le ultime cifre, per valutare il ricorso?
Per fortuna no: i dati ufficiali danno Gbagbo al 38% e Ouattara al 36%, Bédié al 23%. Ma le cifre ufficiali potrebbero non essere definitive: la Corte Suprema ha infatti 7 giorni per accogliere il ricorso dell’ex presidente. Una tempistica che non dovrebbe interferire con il secondo turno, previsto tra due settimane, a meno che da un eventuale riconteggio non emergessero risultati molto diversi da questi (nel qual caso non so cosa farebbero: riconterebbero una terza volta per essere sicuri di aver contato giusto almeno la seconda? Io quando non mi tornano i conti faccio così, ma dubito che valga anche per le elezioni).
Nel frattempo noi ce ne stiamo barricati nel Centre Abel, ammazzando il tempo cucinando e approfittando dunque delle oculate scorte che ci siamo accaparrati (vino cileno, formaggi francesi, salsine libanesi e nutella che ormai è finita). Non tanto perché ci sia tensione in giro, quanto piuttosto perché in giro non c’è proprio niente: molti esercizi sono chiusi, le scuole riapriranno soltanto lunedì, le strade sono deserte, nonostante il capo di Stato Maggiore ieri in Tv abbia rassicurato la popolazione che non ci sono pericoli e si può tornare alle normali occupazioni (ma per la maggior parte qui sono disoccupati, dunque…).
La gente ha risposto con entusiasmo a questo scrutinio storico, premiato con un record d’affluenza dell’80%, ma poi si è chiusa in casa perché è stanca e spaventata: il timore è ovviamente quello di nuovi scontri, anche se appunto a me sembrano tutti stufi di crisi, politica e economica, e non aspettano altro che un po’ di stabilità per ripartire. Ma bisognerà vedere le capacità di mobilitazione di questi signori.
Gbagbo, negli anni passati aveva a sua disposizione i Giovani Patrioti, bande di giovani teppisti (mi dicono che gli studenti qui non sono come altrove, la forza che si oppone al potere costituito, bensì manovalanza arruolabile con promesse di posizioni sociali migliori). Ora non so che fine abbiano fatto e se salterebbero di nuovo fuori nel caso il volpone perdesse al ballottaggio. Per fortuna pare un’ipotesi remota. Dico per fortuna non perché mi piaccia particolarmente Gbagbo, ma perché è quello che potrebbe fare più danni se perdesse. Chi ha votato Bédié al primo turno, difficilmente però al secondo voterà Ouattara, piuttosto che votare un non-ivoriano al 100%, non andrà a votare. E così Ado sarà sempre più il simbolo del riscatto degli immigrati musulmani e una promessa di cambiamento che non si potrà mai realizzare.

Nessun commento:

Posta un commento