domenica 28 novembre 2010

Ballottaggio

Ecco ci siamo: oggi è il gran giorno.
Queste ultime settimane di campagna elettorale sono state caratterizzate da qualche episodio di violenza (totale: quattro morti e centinaia di feriti), da uno storico faccia-a-faccia televisivo tra i due candidati (storico anche perché primo evento di questo genere in Costa d’Avorio), e dall’introduzione del copri-fuoco da ieri fino a mercoledì.
Gli scontri si sono verificati per lo più ad Abidjan, tra giovani delle opposte fazioni. Tranne l’ultimo, che ha fa fatto il maggior numero di vittime (tre): la polizia ha sparato sulle persone che manifestavano contro il coprifuoco (e questo è stato il primo risultato del decreto presidenziale - che dovrebbe avere l’obiettivo di evitarli i disordini!).
Il faccia-a-faccia è stata la cosa più antitelevisiva che io abbia mai visto (ben due ore – iniziate con un minuto di silenzio proposto da Gbagbo in ricordo delle vittime della guerra -, in cui i candidati avevano dieci minuti ciascuno per rispondere a ogni domanda); ma altrettanto interessante: Gbagbo e Ouattara si sono confrontati con un garbo sconosciuto ai nostri politici; all’inizio, il presidente uscente ha accusato l’antagonista di essere “responsabile di tutte le calamità che si sono abbattute sul Paese negli ultimi 11 anni” (testualmente, giuro! Berlusconi almeno si limita ad accusare tutti di essere semplicemente comunisti o di essere il “partito delle tasse” – ma tanto purtroppo gli basta). Ouattara gli ha risposto che lui era primo ministro nel governo rovesciato da Guei, mentre l’altro faceva comunella col golpista.
A parte questo, i due hanno amabilmente discusso di istituzioni (per Gbagbo bisogna mantenere l’attuale impianto presidenziale, per Ado si dovrebbe procedere ad una riforma che divida i tre poteri, assicuri una vera libertà di stampa e renda più efficiente la giustizia); di debito (un macigno di 6.700 miliardi, accumulato nell’era Houphouetista del capitalismo di stato – e della corruzione tutt’ora vigente - che grava sul Paese); di economia e disoccupazione (il vero cancro della Costa d’Avorio). Su questi temi, l’economista Ouattara si può dire che giocasse in casa: ha promesso investimenti per 12.000 miliardi in cinque anni per costruire strade, scuole, ospedali; mentre l’altro ha negato che ci sia grossa crisi (Silvio docet anche in questo caso… probabilmente pensa che gli ivoriani non mangino per mantenere la linea) e ha suggerito di risolvere il problema della disoccupazione arruolando tutti nell’esercito (uno dei punti del suo programma è avere “une armée forte et pouissante, à la dimension de son économie”… ora, a parte la contraddizione in termini tra un’armata forte e un’economia che non lo è affatto, checcazzo te ne fai di un esercito forte? Vuoi forse invadere la Polonia?). Ouattara gli ha risposto che l’esercito deve essere “muto” sulle questioni politiche e che comunque sarebbe meglio prima di tutto mettere in sicurezza le strade del Paese (qui un certo problema col crimine c’è per davvero).
In generale, Gbagbo è un miglior comunicatore, più populista, mentre l’altro più preciso e pragmatico non ha lo stesso carisma (e di fatti ha convinto me, che sono ineluttabilmente destinata a stare dalla parte degli sfigati).
Ma la cosa più interessante è stata seguire il dibattito con Yakou. Yakou è un nostro amico di qua, un ragazzo semplice e con pochi mezzi, ma molto attivo politicamente, per quanto disilluso, e sostenitore di Ado.
Ha seguito il dibattito con grande attenzione, intercalando ogni qualvolta quelli sparavano cifre, dei: “Djo [uomo, amico]… les politiciens, quand ils parlent… djo..” e un’altra formula che credo di poter tradurre con: “Non li devi stare a sentire perché ti riempiono la testa di stronzate… djo!”
Alla fine del dibattito, i candidati si sono impegnati ad accettare l’esito delle urne e hanno invitato i propri sostenitori a fare altrettanto. Ma, in più, Gbagbo ha decretato il coprifuoco (così Yakou è rimasto da noi). Ouattara l’ha rigettato perché “l’intervento dell’esercito potrebbe drammatizzare le cose” (come si è ben visto subito il mattino successivo). I detrattori del volpone sostengono che l’abbia fatto per meglio truccare il voto, secondo me è semplicemente per creare un clima di tensione che favorisca lo status-quo (da noi mettevano le bombe, in Piazza Fontana e altrove).
Dal canto suo la Commissione elettorale ha annunciato che darà i risultati già a partire da questa sera, per evitare le tensioni del primo turno e impedire a uno dei due di proclamarsi vincitore anzitempo (ma la Cei si è già contraddetta molte volte, non ultima quando ha fissato il secondo turno al 28 novembre, poi al 21 e infine ancora al 28). Nel frattempo anche Compaoré (il grande mediatore) è tornato a dire due parole ai pretendenti alla poltrona presidenziale (cosa gli abbia detto non si sa, ma l’ascendenza che questo personaggio – peraltro assassino di Sankara, lo statista più avanzato del panorama politico africano – esercita sulla politica ivoriana mi fa venire in mente le “offerte che non si possono rifiutare” de “Il Padrino”).Noi ci siamo barricati in casa come l’altra volta e abbiamo aggirato il coprifuoco dando una festa danzante con i nostri nuovi ospiti di cui vi racconterò nel prossimo post.

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