venerdì 5 febbraio 2010

Delestage

GIORNO 1
Da stamattina mancano luce e acqua corrente. In tutta la Costa d’Avorio.

GIORNO 2
Luce e acqua non sono ancora tornate. Pare che sarà così per molto tempo: si è rotta una turbina, la lapidaria spiegazione. Già, perché a fornire energia a tutta la Costa d’Avorio (e qualche Paese limitrofo) è un’unica grande centrale. E per riparare il guasto dicono che ci vorranno tre mesi. E anche il pompaggio dell’acqua va a corrente elettrica.

GIORNO 3
L’acqua è tornata per qualche ora, il tempo necessario per riempire tutte le taniche, le bottiglie, i bidoni e i secchi che abbiamo in casa. La luce no. Per il momento ci siamo organizzati con candele e lampade a petrolio per la sera. Ma il frigo ormai ha allagato la cucina e le cose dentro stanno andando a male (con grande gioia delle formiche che lo hanno eletto a loro località di villeggiatura preferita). Computer e telefonini hanno esaurito la loro autonomia e inoltre mi tocca fare il bucato a mano; ma la cosa peggiore è dover fare a meno di condizionatore e ventilatori.

GIORNO 4
Ho scoperto che ci si può fare una doccia con una bottiglia da un litro e mezzo: pensa quanta acqua sprechiamo di solito. Questo ovviamente significa che siamo di nuovo senz’acqua, ma è tornata la luce.

GIORNO 5
Quella sconsiderata di mia suocera ha lavato i piatti. È una cosa che ha deciso di fare sempre da quando è qua, anche se sa benissimo che a me dà fastidio (perché ho tutte delle mie manie particolari, tipo che i piani vanno messi a scolare coi piani e i fondi coi fondi, che c’è una spugna ben precisa per lavarli che non è quella per le superfici, che vanno lavati sia sopra che sotto e che in ultima analisi alla fine siano puliti – particolare che le sfugge, costringendomi a rilavarli di nascosto perché non si offenda). Ma la gravità del suo gesto oggi sta nel fatto che in questo modo ha esaurito le nostre scorte d’acqua: 13 bottiglie da un litro e mezzo per lavare 6 piatti!!!!!!!

GIORNO 6
Ho finalmente avuto l’esatta percezione di ciò che significa “caldo umido”. Finora non me ne ero lamentata più di tanto. L'umido è vero si mangia tutto (non solo i miei strumenti tecnologici, ma anche i muri, le cose, mi si sono arrugginite le forbicine per le unghie, mi è ammuffito il k-way, qualcuno ha scritto:"L'Africa trasuda"). E fa caldo certo, ma niente in confronto agli agosti milanesi, in cui il sole ti fotocopia sul marciapiede, mentre dall’asfalto e dal cemento tutto intorno a te sale una canicola che sembra di essere in un forno a microonde, magari con lo smog che tappa il cielo e toglie l’aria; o come i giugni pavesi, quando sembra di respirare acqua e ti senti come un pesce nella boccia.
Qui il sole è forse più rovente, ma ci sono più alberi e meno asfalto e la terra è una distesa piatta e infinita su cui il vento può rotolare dall’Oceano fino a noi. In casa poi ci sono ventilatori e condizionatore… Quando c’è corrente (elettrica, perché quella dell’aria si percepisce appena, nonostante la nostra abitazione sia aperta ai quattro venti, per via del muro di cinta).
Ecco il tasto dolente: l’altra sera me ne stavo seduta in poltrona a fissare il buio; mancando la luce non ci si può nemmeno godere un film a fine giornata e allora i libri diventano i migliori compagni di viaggi mentali (li ho già fulminati tutti, compresa l’intera trilogia di Millennium – il primo tomo 700 e passa pagine, me lo sono letto in una settimana). Ma leggere al lume di una fiammella tremolante stanca la vista. Allora ho potuto considerare come fossi avvolta in una bolla di vapore acqueo prodotto da me medesima: sudi perché fa caldo, il sudore evapora ma mica tanto, perché l’aria circostante è già satura di umidità, e così rimane nebulizzato intorno a te e tu respiri ciò che traspiri. Fenomeno interessante.

GIORNO 7 - notte
È calato il buio totale. Anche i lampioni del Centre Abel sono fuori combattimento. Tra le fronde scure degli alberi leggermente mosse dalla brezza si intravede un’esplosione di stelle. La luna è una falce d’argento perfetta, si scorge appena il vago anello che completa la sua rotondità. Non è piena, questo mi permette di scivolare fuori di soppiatto dalla porta senza il rischio di essere scorta. Il chiasso di grilli e rane copre i miei passi felpati. Io e la mia nube di vapore ci spostiamo verso la fontanella del cortile, dove giacciono il barrique (botte) ormai asciutto e le ultime due taniche d’acqua. Sono quelle il mio obiettivo: devo accaparrarmene una prima che ci arrivino i vicini o domani non potrò farmi il bidet.
Piombo sul contenitore come un rapace, afferro il manico e scatto verso la vittoria… o almeno ci provo: la tanica è più pesante di quanto mi aspettassi, lo strattone mi fa perdere l’equilibrio, pesto la coda al gatto (mi sta sempre letteralmente tra i piedi, l’animale!), che fugge lanciando un urlo da bimbo strozzato e buttando all’aria la gavetta del guardiano che rotola sul selciato con gran clangore. “Sono perduta, mi scopriranno!”… ma no: il ronzio del condizionatore della stanza di Lina mi fa capire che è tornata la corrente e tutti saranno nei loro letti sudati a esalare un sospiro di sollievo. Devo approfittare di questo momento per guadagnare l’uscio prima che si riaccendano i neon esterni che già stanno lampeggiando. Uno sforzo estremo e… ce l’ho fatta: l’igiene personale ancora per domani è assicurata… mi sento un po’ Mad Max.

GIORNO 8
I delestage sono cominciati ormai da una settimana. È proprio vero che ci si abitua a tutto: noi ci siamo organizzati con pile e scorte. Ogni tanto un urlo proveniente da un qualsiasi punto del Centre, avvisa che sono tornate o luce o acqua e allora si corre a ricaricare e riempire.
Ma io mi chiedo: e gli altri? Non parliamo delle attività economiche: vedo già i danni che la mancanza di elettricità provoca alle sarte e ai falegnami del progetto, con le macchine ferme da giorni. Ma gli altri, la gente comune, che deve spartirsi una fontanella di acqua potabile con popolosissimi caseggiati? Finisce che beve acqua di pozzo, che qui fortunatamente non mancano, ma sulla cui igiene non ci sono dubbi: prima di poter bere quell’acqua melmosa bisogna farla bollire e filtrarla, prassi che dubito siano abituati a seguire. C’è un indiscutibile rischio epidemie. Acuito dal fatto che la catena del freddo così più volte interrotta ha sicuramente danneggiato molti vaccini, che saranno comunque inoculati anche se inutilmente.

GIORNO 9
Sono appena tornate sia luce che acqua contemporaneamente. Non sappiamo quanto durerà, sicuramente non abbastanza per fare i bucati di tutti (condividiamo la lavatrice con i vicini).
Io scatto brandendo il cestone maleodorante tra le braccia, mentre Marysol mi sgambetta dietro raccattando i panni che nella folle corsa volano fuori.
Attraverso il cortile come una furia, questa volta salto il gatto. Sfondo la porta dei vicini lasciando la mia sagoma impressa nella zanzariera, scarto Lina che mi aspettava dietro l’angolo per placcarmi (fortuna che giocavo a rugby). Imbocco il corridoio che piega a gomito, scivolo (dimenticavo l’acqua fuoriuscita dal frigo), becco lo spigolo del tavolo. Ci lascio l’anca ma il colpo mi rimette in equilibrio e d’un balzo raggiungo lo studio (luogo ovvio in cui installare una lavatrice). Ma trovo l’elettrodomestico già in funzione.
Dietro di me, Pina appoggiata allo stipite della porta sorride facendo brillare un canino. “L’avevo già predisposta” mi dice.
“Aaastuta!”

GIORNO 10
Gesti automatici: ormai mi aggiro per casa al buio anche quando c’è la corrente. E se prima mi veniva automatico di aprire il rubinetto anche quando sapevo che non c’era acqua, ora afferro la bottiglia anche quando c’è.
Oggi eravamo anche senza rete telefonica (e quindi anche internet). Ci manca solo che finisca la bombola del gas.

GIORNO 11
Ho parlato troppo presto: è finita la bombola, ma a questo si rimedia in fretta.
Intanto c’è stato un assalto alla Compagnia elettrica da parte della popolazione esasperata (giuro: io non c’ero, ma solo perché non mi avevano avvisato). Questo almeno è servito per far capire che si può togliere la corrente a turno tra diversi settori (evitando di toglierla contemporaneamente al settore che sta a monte dell’acquedotto e a quelli che stanno a valle, in modo di avere almeno una delle due utility alla volta), e soprattutto rispettando un calendario più o meno fisso, in modo che uno sappia che “quei” tre giorni alla settimana (magari non consecutivi) può anche morire (o fare la lavatrice).
Insomma, un po’ che come ho detto ci si abitua a tutto, un po’ che ci siamo organizzati (il martedì facciamo il bucato, il giovedì moriamo e il sabato andiamo al maqui – le trattorie in cui affoghiamo le nostre frustrazioni da telespettatori impediti), ma sembra che la situazione si stia normalizzando.
Almeno dal punto di vista dei delestage.
Perché sul fronte politico ci sono invece un po’ di tensioni.
Ma almeno, per consentire ai politici di comparire nei tg e per non esasperare ulteriormente gli animi, le interruzioni di corrente si stanno addirittura riducendo.

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